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Patriarchi arborei

Esistono alberi che sono stati protagonisti silenziosi di eventi accaduti centinaia - talvolta migliaia - di anni fa. Gli alberi monumentali sono un vero e proprio patrimonio verde, da conoscere e salvaguardare, testimonianza storico-documentale del passato di una comunità.


Dalla notte dei tempi gli alberi hanno stimolato la fantasia e la curiosità degli uomini a tal punto da farne diventare protagonisti di numerose tipologie di culti e religioni che vedono alcune piante come anello di congiunzione tra l’umano e il divino, spesso caratterizzate da proprietà straordinarie e “sovrannaturali”.
 
D’altra parte, quale altro essere vivente è in grado di porre in comunicazione la terra – elemento nel quale affondano le radici – con il cielo, verso il quale innalzano rami, fiori e frutti?

Il regno vegetale, infatti, racchiude in sé questo grande mistero, questa grande capacità di cooperazione tra tutti gli elementi naturali. Acqua, aria, terra e fuoco sono i 4 componenti della vita sulla terra secondo l’antica filosofia greca e, a ben guardare, sono perfettamente riconoscibili all’interno del regno vegetale.
Si trattava, ovviamente, di speculazioni filosofiche miste a forme di superstizione più o meno elaborate, prive di valutazioni quantitative circa i benefici offerti dagli alberi più vecchi e maestosi. Nonostante ciò, si trattava di intuizioni davvero efficaci che aiutavano la comunità a comprendere il valore culturale e storico-testimoniale della vegetazione. L’albero madre, la grande chioma sotto la quale radunare il villaggio per discutere le più importanti decisioni riguardanti la comunità: questo era il ruolo principe degli alberi di grandi dimensioni nelle culture che oggi, in molti Paesi considerati avanzati, sopravvivono esclusivamente sotto forma di tradizioni che, via via, rischiano di perdere significato.
Ma se da una parte l’uomo cosiddetto moderno ha perso la capacità di farsi ammaliare da questi straordinari esseri viventi, dall’altra la normativa ha fortunatamente previsto forme di tutela e salvaguardia per numerose piante disseminate in tutto il pianeta. Nel nostro Paese, gli alberi considerati monumentali sono oltre 4000 e il loro numero sta via via aumentando grazie a una crescente sensibilità nei confronti di questi testimoni del passato.

I primi passi per una tutela
I primi soggetti tutelati furono le grandi sequoie del Sequoia National Park e dello Yosemite National Park, quest’ultimo primo parco naturale protetto del mondo. Nella seconda metà del IX secolo, questi alberi vennero infatti individuati come patrimoni nazionali da porre sotto protezione, provvedimento quanto mai necessario per salvarli da una distruzione quasi certa ad opera di affaristi senza troppi scrupoli. Da allora dovette passare quasi un secolo prima che la coscienza verde riprese slancio a favore degli alberi monumentali. È infatti solo dagli anni ‘80 del XX secolo che la consapevolezza riguardo l’importanza di queste piante crebbe in modo sempre più consistente e, solo negli ultimi anni, l’argomento è diventato di dominio pubblico grazie alla maggiore sensibilità di una buona fetta della popolazione nei confronti del funzionamento degli ecosistemi sia naturali sia urbani.
Il primo passo per procedere a una tutela di questi straordinari esseri viventi è sicuramente l’opera di censimento e catalogazione. Non è infatti possibile immaginare di salvaguardare qualcosa che non si conosce o che si conosce appena, magari per sentito dire, senza precise informazioni riguardo la sua ubicazione e le sue principali caratteristiche. Il censimento quali-quantitativo è anche lo strumento principe per permettere attività di pubblicazione e divulgazione circa il valore dei patriarchi.

Una normativa in evoluzione
Risale al 1939 la prima legge italiana a tutela degli alberi monumentali. In tale elaborato normativo, questi venivano definiti come “cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale”. Era certamente un primo, importante, passo ma ancora troppo timido e, soprattutto, basava la conservazione delle piante meritevoli soltanto sulla base del loro aspetto estetico. In realtà, come molti studi hanno già appurato e come viene approfondito ormai quotidianamente, gli alberi monumentali sono fondamentali per la biodiversità. Cavità, carie, ferite con legno alterato, rami disseccati non devono essere letti alla stregua di difetti: sono al contrario un ricchissimo pabulum che permette lo sviluppo, il sostentamento e il riparo di numerosissime forme di vita quali insetti, uccelli e piccoli roditori ma anche funghi e licheni.
La consapevolezza di tale ruolo ha spinto affinché l’impianto normativo venisse via via modificato sino ad assumere la conformazione attuale. Quelle che un tempo erano alterazioni negative, adesso sono apprezzate per la loro importanza ecosistemica. Ecco, quindi, che circa 10 anni fa la normativa è stata nuovamente modificata per introdurre criteri specifici per l’attribuzione di caratteri di monumentalità a un albero: si va dall’estrema longevità alle dimensioni insolite per la specie, dalla rarità botanica all’importanza storico-culturale sino ad arrivare al valore ecologico. Insomma, si può parlare di veri e propri alberi habitat.

Dove ammirare i patriarchi verdi
Si contano nell’ordine di svariate migliaia gli alberi monumentali censiti a livello del competente Ministero. Tutti noi, con un viaggio di pochi chilometri da casa, possiamo contemplare uno di questi esemplari il cui elenco aggiornato è riportato sul sito Internet ministeriale.
Un esempio molto interessante di albero monumentale del centro Italia è costituito dal “Faggio del Pontone”, uno stupendo esemplare di Fagus sylvatica che si erge nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Da sempre utilizzati per riscaldare i rigidi inverni di queste terre, i faggi hanno fornito legna da ardere a decine di generazioni di agricoltori, boscaioli e allevatori abruzzesi. Il Faggio del Pontone è stato risparmiato grazie alle sue inusitate dimensioni, frutto della fusione di diverse piante.
Più a sud, in Calabria, si trova il millenario platano di Curinga. Un gigantesco albero che presenta una circonferenza del fusto pari a 18 metri lungo la quale si sviluppa una grande cavità larga circa 3 metri. La cavità è tanto spaziosa che la leggenda la vuole riparo dei pastori locali che, al suo interno, vi ricoveravano piccoli greggi di pecore.
Di alberi importanti è ricco anche il nord Italia. A Salò, per esempio, sulle rive del lago di Garda, vi è un imponente filare di cipressi sempreverdi - alcuni dei quali raggiungono i 30 metri di altezza-, filare che nel suo complesso è considerato monumentale. La sua presenza sottolinea da oltre 100 anni il paesaggio locale e disegna un punto di riferimento nella Riviera dei limoni.

Grandi, saggi ma fragili
Gli alberi monumentali possono essere soggetti di grandissime dimensioni: platani alti 40 e più metri oppure faggi o cedri con circonferenze del fusto di oltre 10 metri. Eppure, possono essere estremamente delicati. A dispetto delle dimensioni, infatti, gli alberi veterani devono essere trattati con particolare cura, soprattutto per quanto riguarda l’apparato radicale.
Il suolo deve essere gestito al meglio per ridurre il rischio di insorgenza di malattie di origine (prevalentemente) fungina e per scongiurare il compattamento del terreno. I monumentali rischiano infatti di essere vittime del proprio successo: il sempre più elevato livello di attenzione dell’opinione pubblica, ha portato alla nascita di un vero e proprio turismo che ruota attorno a questo particolarissimo settore. Il risultato è che, molto spesso, l’area circostante le piante è calpestata in modo eccessivo con conseguente riduzione della porosità del terreno. In queste condizioni le radici non dispongono di sufficienti quantitativi di ossigeno, elemento imprescindibile per tutte le attività metaboliche vegetali, elemento che gli alberi non possono produrre autonomamente a livello radicale.
Occorre quindi instaurare una vera e propria area di rispetto radicale dove deve essere interdetta la fruizione.
Insomma, i monumentali devono essere osservati da lontano; un piccolo sacrificio che gli amanti della natura sapranno sostenere con piacere per lasciare queste meraviglie botaniche alle future generazioni.

Riguardo l'autore

Luca Masotto

Luca Masotto

Area: Orto e giardino