Ratio Famiglia buoni consigli per l’economia quotidiana.


LEGGI

Insulti sui social

Posso denunciare?



Risulta di grande attualità, atteso il notevole utilizzo al giorno d’oggi dei social network di gran parte della popolazione, analizzare i presupposti del reato di diffamazione compiuto proprio attraverso l’utilizzo dei social. In linea generale, nell’ordinamento italiano tale illecito, ai sensi dell’art. 595 c.p., è volto a punire “chi, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”. Pertanto, la condotta tipica del reato di diffamazione consta in qualsiasi atto con cui un soggetto provvede ad offendere – alla presenza di almeno 2 individui - la reputazione di un terzo. Inoltre, il legislatore ha sancito – con riferimento al reato di diffamazione – il principio dell’esclusione della prova liberatoria: l’autore della diffamazione non potrà invocare – a sua discolpa - la verità o la notorietà del fatto attribuito alla vittima del reato, tranne in alcuni specifici casi indicati dai cc. 2 e 3 dell’art. 596 c.p. Per quanto concerne l’utilizzo dei social, la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass., Sentenza 28.04.2015, n. 24431) ha oramai chiarito – a più riprese – di ritenere la diffamazione a mezzo web (ed ovviamente a mezzo social network) ricompresa nella formula “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” di cui al secondo capoverso dell’art. 595 c.p., che disciplina le ipotesi di diffamazione aggravata. La Suprema Corte è arrivata a tale conclusione in virtù del fondamento logico-giuridico sotteso all’ipotesi aggravata di cui all’art. 595, c. 3 c.p.: difatti, tale reato trova la sua ragion d’essere nella capacità del mezzo di comunicazione usato per realizzare tale delitto a raggiungere una pluralità di soggetti, seppur individuati soltanto in via potenziale e non in maniera dettagliata. Si è precisato, pertanto, che la persona che decide di inviare un commento sulla bacheca di “Facebook” provvede a pubblicizzare e diffondere lo stesso, attesa la idoneità del mezzo utilizzato a provocare la circolazione del commento tra un gruppo di persone di certo apprezzabile, così che la condotta in questione di certo rientra nella tipizzazione codicistica indicata dall’art. 595, c. 3 c.p. Inoltre, di recente i giudici di legittimità (Cass., sentenza 25.03.2022, n. 10762) hanno statuito che, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione aggravata, non risulta indispensabile l’indicazione del nominativo della persona offesa, essendo sufficiente la presenza di altri elementi, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive e i riferimenti personali e temporali.

La diffamazione aggravata a mezzo social
Con riferimento ai msg inviati tramite le bacheche del noto social network “Facebook”, la Cassazione ha chiarito che tale diffusione ha “potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perchè, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca Facebook non avrebbe senso), sia perchè l’utilizzo di Facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione" (Cass., 28.04.2015, n. 24431). Di conseguenza, la persona che decide di inviare un commento sulla bacheca di “Facebook“ provvede, de facto, a pubblicizzare e diffondere lo stesso, attesa la idoneità del mezzo utilizzato a provocare la circolazione del commento tra un gruppo di persone di certo apprezzabile, così che la condotta in questione di certo rientra tipizzazione codicistica indicata dall’art. 595, c. 3, c.p.
Ulteriori arresti della Suprema Corte, inoltre, si sono spinti poi ad affermare che l’utilizzo di Facebook “integra una della modalità con le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo di rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione” (Cass., 1.03.2016, n. 8328).

La diffamazione a mezzo social in assenza dei nomi delle persone offese
Di recente, inoltre, la Corte di Cassazione (Cass., 25.03.2022, n. 10762) si è soffermata su un particolare caso di diffamazione aggravata a mezzo social e segnatamente dell’ipotesi in cui nei post social incriminati non fosse presente il nome del soggetto diffamato.
Ebbene, in questo caso la Suprema Corte ha provveduto a chiarire che “non osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali” (Cass., 25.03.2022, n. 10762).
 
In sostanza, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione aggravata, non risulta indispensabile l’indicazione del nominativo della persona offesa, risultando sufficiente la presenza di altri elementi, quali:
a) natura e la portata dell’offesa;
b) le circostanze narrate, oggettive e soggettive;
c) i riferimenti personali e temporali.

Inoltre, nel citato arresto i giudici di legittimità compiono un ulteriore passo, affermando che - per la sussistenza del delitto di diffamazione aggravata - non è necessario che la persona offesa possa essere oggetto di identificazione da parte di chiunque possa visualizzare la bacheca “Facebook” oggetto del post diffamatorio, bensì risulta sufficiente che la vittima possa essere riconosciuta all’interno di un piccolo gruppo di persone.

insulti sui social

Riguardo l'autore

Gianluigi Fino

Gianluigi Fino

Area: Diritto fallimentare e procedure concorsuali - Diritto bancario - Diritto societario e commerciale