Hai acquistato felicemente un bene, che tuttavia si dimostra essere difettoso? Quale norma ti tutela come cliente?
L’articolo di riferimento è individuato nel 130 del Codice del Consumo.
Il Codice, già al 1° comma, tende a definire che la responsabilità per qualsiasi difetto di conformità esistente nel momento della consegna è gravante in capo al venditore.
Il venditore, dunque, è identificato quale garante del consumatore.
Al 2° comma, sempre ex art. 130 Codice del Consumo, sono state esplicate le conseguenze che ne deriverebbero al riguardo, ossia: “In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9”.
Sono dettate quindi le regole base di operatività in tutela del consumatore.
 
Quindi, è prevista in capo al consumatore la facoltà di chiedere liberamente al venditore, di riparare l’oggetto difettoso o sostituirlo, senza alcun costo.

L’unica eccezione è data dal fatto che il rimedio possa risultare “oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro”.
Ma quando risulta esattamente essere “eccessivamente oneroso”?
Analizzando il 4° comma del medesimo, la risposta è data dal fatto che uno dei due rimedi possa imporre al venditore spese eccessive rispetto all’altro.
Ciò premesso, l’eventuale riparazione o sostituzione, deve comunque essere realizzata, come da norma, “entro un congruo termine dalla precedente richiesta” ed, al contempo, non deve generare considerevoli inconvenienti all’acquirente.

Quando il consumatore può chiedere, a sua scelta, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto?
Sono 3 le ragioni espresse dalla norma in esame:
  1. la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
  2. il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo;
  3. la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Deve tenersi tuttavia conto, ai fini della riduzione del prezzo o della restituzione, dell’uso del bene.
Senza nulla voler escludere, quando l’acquirente si sia già espresso circa uno specifico rimedio, il venditore è tenuto a rispettarlo.
Viceversa, nell’ipotesi in cui non sia stato richiesto alcun rimedio dal consumatore, questi deve accettare o respingere la proposta.
All’ultimo comma della norma di riferimento, infine, è disposto che nell’ipotesi in cui vi sia un difetto di lieve e non importante entità la cui riparazione o la sostituzione non sia stata possibile o sia eccessivamente onerosa, tale condizione non darebbe diritto alla risoluzione del contratto.

Quali sono i tempi da rispettare?
La norma di riferimento al riguardo è l’art. 132 del Codice del Consumo.
La responsabilità del venditore sussiste allorché il danno da difetto di conformità si presenti nel termine di 2 anni dalla consegna del bene.
È doveroso precisare che la denuncia al venditore circa il difetto di conformità deve essere effettuata entro il termine di 2 mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto, altrimenti il consumatore decade dai diritti sopra trattati.
Al 3° comma, l’art. 132 ha voluto affermare altresì che: i difetti di conformità che si manifestano entro 6 mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, tale presunzione tuttavia è esclusa da un eventuale prova contraria.
Da ultimo, l’azione di tutela si prescrive nel termine di 26 mesi dalla consegna del bene.

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Giuseppe Milioto