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Screening oncologici

Quali sono obbligatori e chi li deve fare

Prevenzione, diagnosi precoce e sviluppo della ricerca scientifica sono i fattori chiave per ridurre la mortalità determinata dai tumori. “In 7 anni sono aumentate del 24% le persone vive dopo la scoperta della malattia”, parola del professor Carmine Pinto, presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica.
I segnali sono, dunque, incoraggianti e il trend che emerge dall'osservazione dei dati sulla mortalità sono rassicuranti. Sono in molti a legare questi miglioramenti alla diffusione degli screening oncologici, ovvero  esami condotti su una determinata fascia della popolazione considerata “a rischio” per individuare l'eventuale presenza della malattia prima che questa presenti i primi sintomi.
Attualmente, in Italia, gli screening oncologici proposti dalle Asl sono 3 e vanno ad influire sulle 3 tipologie di tumore più diffuse: tumore al colon-retto, tumore al seno e tumore del collo dell'utero.


La prevenzione del tumore al colon-retto
Il cancro al colon-retto, con 53.000 nuovi casi nel 2017, è la neoplasia più frequente in Italia e rappresenta la terza causa di morte tumorale tra gli uomini e la seconda per le donne.
Questi dati sono sufficienti ad evidenziare l’importanza cruciale di una diagnosi precoce attraverso lo screening.
Gli esami proposti sono due:
  • la ricerca del sangue occulto nelle feci, abbreviato in SOF;
  • la rettosigmoidoscopia.
Il SOF consiste, per l’appunto, nella ricerca di tracce ematiche non visibili ad occhio nudo nel materiale fecale: questi elementi, infatti, potrebbero denunciare la presenza di polipi adenomatosi, tumori benigni dovuti al proliferare delle cellule della mucosa intestinale, che impiegano mediamente tra i 7 e i 15 anni per trasformarsi in forme maligne. Questo esame dovrebbe essere ripetuto ogni 2 anni dalle persone tra i 50 e i 69 anni.
La rettosigmoidoscopia viene utilizzata in alcuni programmi di screening perché la maggior parte dei tumori del colon-retto sono localizzati nella parte finale dell’intestino. L’esame è simile alla colonscopia, ma va ad analizzare in particolare l’area del retto e, già durante la seduta, è possibile rimuovere eventuali polipi. Non è necessario ripeterlo più volte: secondo quanto riportato dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, infatti, è sufficiente effettuarlo 1 volta nella vita tra i 58 e i 60 anni.

La mammografia contro il tumore alla mammella
Il tumore al seno è il più diffuso tra le donne ed è anche quello con il più alto tasso di mortalità, tuttavia negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi e oggi la speranza di sopravvivere a 5 anni dalla diagnosi è cresciuta, anche grazie alla successo della campagna di prevenzione attraverso gli screening.
La mammografia, ovvero l’esame radiografico che consente di individuare noduli non ancora palpabili, è prevista ogni 2 anni per tutte le donne tra i 50 e i 69 anni. Inoltre, alcune Regioni italiane come l’Emilia Romagna hanno esteso l’offerta gratuita anche tra i 45 e i 49 anni con cadenza annuale e fino ai 74 a scadenza biennale.
Nei casi in cui si rilevi una familiarità con questa neoplasia può essere utile consultarsi con il proprio medico curante e sottoporsi al test già a partire dai 25 anni.

PAP Test per prevenire il tumore del collo dell’utero
I primi screening per il tumore alla cervice uterina sono stati introdotti già negli anni Cinquanta attraverso il Pap test, un esame che ha l’obiettivo di verificare la presenza di cellule anomale sulle superfici interessante dalla neoplasia. Proprio la diffusione dello screening ha consentito di ridurre già notevolmente la mortalità per questo tipo di tumore che, tuttavia, resta pericoloso e ha la caratteristica di colpire maggiormente una fascia giovanile della popolazione sotto i 50 anni.
L’avanzare della ricerca in questo ambito ha portato a significativi successi, tant’è che è stata individuata la connessione tra il tumore del collo dell’utero e Papillomavirus umano (HPV) ed è stato introdotto un nuovo test capace di rilevare la presenza di un’infezione asintomatica, anticipando ulteriormente la diagnosi.
Questo esame, denominato HPV test, andrà, entro la fine del 2018, a sostituire il Pap test come esame di screening e funziona nello stesso modo, con la differenza che il campione di muco viene sottoposto ad un test genetico, e non semplicemente analizzato al microscopio. Mentre il Pap test va ripetuto ogni 3 anni, tra i 25 e i 64 anni, l’HPV test può essere replicato ogni 5 e a partire da 30-35 anni poiché individua le lesioni con maggiore anticipo.
La prevenzione di questa patologia passa anche attraverso il vaccino: infatti, dal momento che l’80% (44.000 casi all’anno, secondo AIRTUM) dei tumori al collo dell’utero e alla cervice deriva da un’infezione da papillomavirus, nel 2007 è stato introdotto il vaccino gratuito alle bambine di 12 anni in tutte le Regioni italiane. Buone notizie in questo senso vengono anche dai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza e dal Piano nazionale Vaccini 2017-2019 che introducono il vaccino contro l’HPV anche per i maschi.

 

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Angela Caporale

Angela Caporale

Area: Salute e benessere