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Come cambiano le regole per il tempo determinato

Dal 1.11.2018, trova piena efficacia il Decreto Dignità e pertanto sono diventate operative le nuove norme in materia di proroghe e rinnovi dei rapporti di lavoro a tempo determinato.


Periodo transitorio
La Legge n. 96/2018, di conversione del D.L. n. 87/2018, volto a garantire un’applicazione graduale delle modifiche introdotte dal predetto Decreto, ha previsto un periodo transitorio che andava dal 14.07.2018 al 31.10.2018.
 
L’art. 1, c. 2 D.L. n. 87/2018, così come convertito dalla L. n. 96/2018, prevede che “Le disposizioni di cui al c. 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente Decreto (14.07.2018), nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31.10.2018.

Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi ed escluse le attività stagionali, la reintroduzione delle causali, rappresenta una limitazione all’accesso al lavoro a termine, così come nello spirito della norma, ma tale scelta richiede una attenta valutazione dei motivi tutte le volte che gli stessi andranno apposti.

Contratto a tempo determinato
Le modifiche alla disciplina previgente riguardano in primo luogo la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato, con riferimento ai rapporti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, o di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione.

Forma scritta del termine
Con la eliminazione del riferimento alla possibilità che il termine debba risultare “direttamente o indirettamente” da atto scritto, si è inteso offrire maggiore certezza in merito alla sussistenza di tale requisito.
È quindi esclusa la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza, ferma restando la possibilità che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro continui a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione, come in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità.

La causale
Il datore di lavoro ed il lavoratore possono stipulare liberamente un contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, mentre in caso di durata superiore tale possibilità è riconosciuta esclusivamente in presenza di specifiche ragioni che giustificano un’assunzione a termine.
Tali condizioni sono rappresentate esclusivamente da esigenze:
  • temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • di sostituzione di altri lavoratori;
  • connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
 
La cd. “causale” è, infatti, sempre necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi.

E' utile ricordare che anche nelle ipotesi in cui non è richiesto al datore di lavoro di indicare la causale, la stessa dovrà essere comunque indicata per poter usufruire dei benefici previsti da altre disposizioni di legge.

Proroghe e rinnovi
E' possibile prorogare liberamente un contratto a tempo determinato entro i 12 mesi, mentre per il rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
La proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza.
 
  • Non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.
  • Si ricade altresì nell’ipotesi del rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto.

Ulteriore novità è rappresentata dalla riduzione del numero massimo di proroghe, che non possono essere superiori a 4, entro i limiti di durata massima del contratto e a prescindere dal numero dei contratti.

Limiti quantitativi
Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 01.01 dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5.
Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
 
Il numero complessivo dei contratti a termine stipulati da ciascun datore di lavoro non costituisce un limite fisso annuale ma rappresenta, invece, una proporzione tra lavoratori stabili e a termine, di modo che allo scadere di un contratto sarà possibile stipularne un altro, sempreché si rispetti la percentuale massima di lavoratori a tempo determinato pari al 20%.

Ferma restando la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare diversi limiti rispetto a quelli previsti dalla legge, e fermo restando il limite del 20% di contratti a termine (lavoratori direttamente assunti dall’azienda), possono essere contemporaneamente presenti nell’impresa utilizzatrice lavoratori assunti a tempo determinato e impiegati in forza ad una somministrazione a tempo determinato, in una percentuale massima pari al 30% rispetto al numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1.01 dell’anno di assunzione.

Rinvio alla contrattazione collettiva
I contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, potranno continuare a prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al nuovo limite massimo dei 24 mesi.
Le previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati prima del 14.07.2018, che - facendo riferimento al previgente quadro normativo - abbiano previsto una durata massima dei contratti a termine pari o superiore ai 36 mesi, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza dell’accordo collettivo.

Contributo addizionale a carico del datore di lavoro
Dal 14.07.2018, il contributo addizionale a carico del datore di lavoro - pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato - è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.
Ne consegue che al primo rinnovo la misura ordinaria dell’1,4% andrà incrementata dello 0,5%.
In tal modo verrà determinata la nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l’incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo.
Analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi, avuto riguardo all’ultimo valore base che si sarà venuto a determinare per effetto delle maggiorazioni applicate in occasione di precedenti rinnovi.
 
La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, poiché la disposizione introdotta dal D.L. n. 87/2018 prevede che il contributo addizionale sia aumentato solo in occasione del rinnovo.

Termine dell’impugnazione
Il Decreto Dignità ha ampliato i termini di impugnazione del contratto a tempo determinato, che passano da 120 a 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto, secondo una delle modalità previste dall’art. 6 della Legge n. 604/1966.

 

Riguardo l'autore

Remo Redeghieri

Remo Redeghieri

Area: Payroll Specialist, diritto del lavoro, gestione eventi nel lifecycle dei dipendenti